Meccanismi di sviluppo di una dipendenza
La ricerca in neurobiologia ha permesso di rilevare delle modifiche della struttura e del funzionamento di alcune regioni del cervello coinvolte nei processi di ricompensa, motivazione, memoria e del controllo cognitivo tra le persone che usano internet in modo problematico (Rischi e conseguenze dell’uso di internet).
Un intenso uso di internet e alcune attività particolari legate al suo utilizzo provocherebbero, proprio come le sostanze psicoattive, delle modifiche del sistema di ricompensa che spingono chi naviga a riconnettersi spesso e a passare sempre più tempo su internet tanto da pregiudicare altri aspetti della vita quotidiana.
Iniziata solo da una dozzina d’anni fa, la ricerca in neurobiologia ha identificato sin dal principio delle similitudini a livello cerebrale tra i disturbi legati all’utilizzo di internet e la dipendenza da sostanze psicoattive. Più recentemente, la ricerca ha altresì evidenziato delle differenze che dimostrano la necessità di approfondire la ricerca in questo ambito.
Fattori di rischio
Le conoscenze sin ora acquisite hanno permesso d’identificare le caratteristiche associate ad una maggior probabilità di sviluppare un utilizzo problematico di internet in generale o alla pratica problematica di attività specifiche su Internet.
Problemi di classificazione ancora in sospeso
Il senno di poi scientifico è (ancora) insufficiente per rispondere alle molte domande che si pongono.
Per esempio, un dibattito importante è di capire se l’uso problematico di Internet sia un problema in sé o se sia sintomo di un problema psicologico già esistente, come la depressione, la fobia sociale o l’ansia.
Un’altra questione ancora aperta: alcuni disturbi dipendono dall’uso di Internet in generale o derivano piuttosto da attività specifiche disponibili via Internet? Per alcuni professionisti si può parlare di un uso problematico di Internet in generale, indipendentemente dall’attività svolta. Per altri, Internet rende possibile o facilita varie attività specifiche che favoriscono lo sviluppo di un uso incontrollato o di una dipendenza. Diverse attività online consentono di ottenere riconoscimento, successo, controllo o un senso di appartenenza che non sono sempre facili da guadagnare nella vita reale. Attualmente si considera che le seguenti attività online favoriscano lo sviluppo di un uso problematico:
- i giochi online, in particolare i MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game e i giochi che includono delle “loot boxces” e altre microtransazioni)
- la comunicazione online (in particolare, tramite i social come Snapchat, Instagram, ecc.)
- la pornografia
- i giochi in denaro
- gli acquisti online
Una loot box è un oggetto virtuale, che offre ai giocatori miglioramenti e una più rapida evoluzione nel videogioco. Sono gratuiti o generalmente disponibili a pagamento di una modica somma.
Le categorie uso problematico di Internet e disturbi dell’uso di Internet non compaiono nella Classificazione Internazionale delle Malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD-11) o nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’Associazione Psichiatrica Americana (DSM 5).
D’altra parte, dalla sua adozione nel maggio 2019, l’ICD-11 include il disturbo da vedeogioco online e offline. Il disturbo da videogioco è definito come un comportamento legato alla pratica dei videogiochi o dei giochi elettronici, che si caratterizza per:
- una perdita di controllo;
- una maggiore attenzione al gioco d’azzardo, al punto che ciò ha la precedenza sugli altri interessi e sulle attività quotidiane;
- la continuazione o l’aumento della pratica del gioco d’azzardo nonostante le ripercussioni dannose.
Il DSM-5, pubblicato nel 2013, ritiene che il disordine da gioco su Internet richieda ulteriori indagini prima di poter essere riconosciuto come una nuova diagnosi.
Attualmente non esistono diagnosi riconosciute a livello internazionale per altre attività specifiche svolte su Internet. Tuttavia, sono in corso numerose ricerche per individuare i rischi associati ad altre attività, che dovrebbero consentire di decidere i vantaggi di creare nuove diagnosi.